LEGITTIMA DIFESA, AGGRESSIONE CON COLTELLO, NON SUSSISTE
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Legittima difesa omicidio volontario. Credete che se venite aggrediti, magari da persona armata di coltello, e voi vi difendete, possa essere un comportamento legittimo? No, non lo è, vi sbagliate, leggete il perchè.
Articolo a cura dello Studio Legale Avvocato Bertaggia di Ferrara.
LEGITTIMA DIFESA: CASS. PEN. SEZ I, 05/11/14 N. 51071
Gentili lettori, l’accurata lettura di questa recente sentenza (Cassazione Penale Sezione I 05/11/14 n. 51071) dimostra in maniera inconfutabile che secondo la giurisprudenza italiana la legittima difesa non può, in concreto, quasi mai sussistere.
Si è infatti determinato, in primo e secondo grado, che neppure chi si difende a mani nude da un aggressore armato lo disarmi e lo attinga mortalmente, seppure nella concitazione della colluttazione, risponde di omicidio volontario, seppur attenuato dall’eccesso colposo di legittima difesa.
La massima: “Per quanto attiene al rapporto tra omicidio volontario, legittima difesa ed eccesso colposo, la reazione legittima dev’essere necessaria per salvaguardare il bene in pericolo, ponendosi in tal caso l’aggressione come unico modo per salvare il diritto minacciato, nel rispetto della proporzionalità dell’offesa nei confronti del bene minacciato. Il requisito della proporzione dev’essere sempre escluso, quindi, nel caso di conflitto fra beni eterogenei, allorché la consistenza dell’interesso leso (vita o incolumità fisica) sia più rilevante sul piano dei valori costituzionali, rispetto a quello minore difeso (riconosciuta, nella specie, l’attenuante dell’eccesso colposo di legittima difesa in capo all’imputato che, a seguito di una colluttazione, aveva disarmato la vittima in stato di ebbrezza, ferendola mortalmente con diversi colpi all’addome).”
LEGITTIMA DIFESA, OMICIDIO VOLONTARIO, ECCESSO COLPOSO
Nel caso concreto, infatti, in tema di omicidio volontario, legittima difesa ed eccesso colposo, si afferma la tesi secondo cui la reazione legittima dev’essere necessaria per salvaguardare il bene in pericolo, ponendosi in tal caso l’aggressione come unico modo per salvare il diritto minacciato, nel rispetto della proporzionalità dell’offesa nei confronti del bene minacciato.
Il requisito della proporzione dev’essere sempre escluso, quindi, nel caso di conflitto fra beni eterogenei, allorché la consistenza dell’interesso leso (vita o incolumità fisica) sia più rilevante sul piano dei valori costituzionali, rispetto a quello minore difeso.
Con sentenza, il GUP del Tribunale, all’esito del giudizio abbreviato, condanna alla pena di 12 anni di reclusione, concesse le attenuanti generiche e di rito, l’imputato per omicidio volontario mediante accoltellamento, a seguito di una colluttazione nel quale quest’ultimo avrebbe disarmato la vittima in stato di ebbrezza, ferendolo mortalmente con diversi colpi all’addome. La sentenza di colpevolezza viene quindi confermata anche dalla Corte d’appello, respingendo ipotesi di legittima difesa od eccesso colposo, in quanto con il disarmo era venuto meno il pericolo e il ripetuto infierire sulla vittima escludeva l’eccessiva colpa nell’evento accaduto. Parimenti, si escludeva l’applicazione dell’attenuante ex art. 62 n. 2 c.p., in quanto la reazione è stata ritenuta abnorme e sproporzionata rispetto al fatto ingiusto provocato dalla vittima.
Si ricorreva in Cassazione, per vizi logici nella motivazione della sentenza, e la Suprema corte, però, argomentava che la rapida motivazione impugnata, tenuto conto dei principi appena richiamati, non sia immune da vizi logici.
Ed invero, presuppone come circostanze certe il giudice territoriale che l’imputato, senza averne dato alcuna ragione, venne aggredito dalla vittima, che quest’ultima era armata di coltello e che con esso ferì al braccio il rivale, viceversa disarmato, dopo averlo proditoriamente colpito con un pugno in faccia. Da siffatta ricostruzione correttamente deduce la corte stessa che, nella fase iniziale dello scontro tra vittima ed imputato, questi si trovasse in una situazione che legittimava la sua difesa attiva e giustificasse, pertanto, il danno portato all’avversario.
Cionondimeno, come innanzi chiarito, la corte territoriale esclude la esimente anche nella forma dell’eccesso colposo, argomentando nel senso che la situazione di pericolo sarebbe venuta meno al momento in cui l’imputato disarmò la vittima, dappoichè da quel momento era cessata ogni situazione di pericolo.
LEGITTIMA DIFESA: IL RINVIO ALLA CORTE D’APPELLO DI VENEZIA
Per una esaustiva valutazione dei fatti di causa, infine, non può non tenersi conto, e sul punto v’è una palese omissione della motivazione impugnata, che l’imputato e la vittima colluttarono e che deve essere pertanto dimostrato in modo convincente la ragione per la quale, nella colluttazione in corso, il prevenuto ha percepito con certezza che era venuto meno ogni pericolo per sè a fronte di una persona che l’aveva aggredito con pugni e coltellate senza ragione alcuna. Sul punto, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Venezia affinchè, in piena libertà di giudizio, pervenga a conclusioni esaustivamente argomentate.
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Autore. Studio Legale Internazionale Bertaggia – Titolo –Legittima difesa, aggressione con coltello, non sussiste– in www.avvocatobertaggia.com/blog
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Articolo aggiornato al 17 Marzo 2015