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Revoca porto armi, pena pecuniaria, illeggitimità

di Avv. Daniele Bertaggia
Marzo 15, 2021
in Penale
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evoca porto armi, pena pecuniaria illegittimità 1
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REVOCA PORTO ARMI, PENA PECUNIARIA, ILLEGITTIMITÀ

In ambito di revoca porto armi, di seguito un’interessante sentenza che prevede l‘illegittimità della revoca del porto d’arma per una semplice condanna a pena pecuniaria, il Consiglio di Stato non reputa infatti bastevole una semplice condanna alla multa per consentire la revoca del porto d’armi anzitempo concesso. Revoca porto d’armi per denuncia? non sempre, tutto dipende da molti fattori, ma facciamo parlare il Consiglio di Stato.

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Consiglio Stato sez. VI 23 luglio 2008 n. 3654

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha

pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1596/2003, proposto da:

– Ministero dell’interno, in persona del Ministro in carica, e la Prefettura di Oristano, in persona del Prefetto in carica, entrambi rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in via dei Portoghesi n. 12, Roma, appellanti;

contro

– Z. S., rappresentato e difeso dagli avv.ti XXXXXXX ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in via XXXXXXX, Roma, appellante;

per l’annullamento e/o la riforma della sentenza del T.a.r. Sardegna, Cagliari, n. 1777/2002, concernente la revoca della licenza di porto di pistola per difesa personale, per intervenuta pena pecuniaria patteggiata, sostitutiva di pena detentiva per furto aggravato.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale dell’appellato Z.;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 27 maggio 2008, il consigliere Aldo SCOLA;

Udito, per la p.a. appellante, l’avvocato dello Stato Stigliano.

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

Fatto

NARRATIVA in FATTO

Con il ricorso introduttivo, S. Z., di professione guardia particolare giurata presso la filiale di Oristano de “La Sicurezza Notturna ” s.r.l., impugnava il provvedimento specificato in epigrafe con il quale il Prefetto della provincia di Oristano, vista la sentenza n. 28 del 20 febbraio 2001 (pronunciata dal g.i.p. del Tribunale di Oristano) di applicazione allo stesso della pena di lire 1.200.000 di multa (così sostituita la corrispondente pena detentiva di quindici giorni di reclusione) per il reato di cui agli artt. 624, 625 n. 2 c.p., aveva disposto (ai sensi degli articoli 11 e 43, r.d. 18 giugno 1931 n. 773) la revoca della licenza di porto di pistola ed il divieto di detenere armi e munizioni.

Nell’assunto del ricorrente, infatti, tale provvedimento sarebbe stato illegittimo per:

1) manifesta violazione di legge e/o eccesso di potere per falsa applicazione degli artt. 11, comma 3, e 43, comma 1, lett. a), r.d. 18 giugno 1931 n. 773, anche in riferimento all’art. 57, legge 24 novembre 1981 n. 689; erroneità sui presupposti per carenza del requisito della condanna alla reclusione per il delitto di furto;

2) violazione di legge e/o eccesso di potere per falsa applicazione dell’art. 11, comma 3, r.d. 18 giugno 1931 n. 773, per il mancato accertamento, in capo al ricorrente, della persistenza delle condizioni soggettive necessarie al mantenimento della licenza;

3) manifesta violazione di legge e/o eccesso di potere per falsa applicazione dell’art. 7, legge 7 agosto 1990 n. 241, riguardo al mancato preavviso procedimentale;

4) manifesta violazione di legge e/o eccesso di potere per falsa applicazione degli artt. 11, comma 3, e 43, comma 1, lett. a), r.d. 18 giugno 1931 n. 773, in riferimento agli artt. 445 e 654, c.p., non essendosi considerato, anche ai fini dell’effettuazione di un’autonoma istruttoria, che la sentenza in questione (non di condanna) avrebbe solo fatto applicazione dell’articolo 444, c.p. (c.d. patteggiamento);

5) illegittimità per violazione dell’articolo 3, legge 7 agosto 1990 n. 241; eccesso di potere per motivazione incongrua, per non essersi esplicitate le ragioni per le quali l’autorità amministrativa aveva ritenuto di adottare il provvedimento impugnato.

Per resistere al ricorso si costituiva in giudizio l’amministrazione intimata che chiedeva il rigetto sia dell’istanza cautelare (poi accolta) che del gravame, che i primi giudici accoglievano con sentenza poi impugnata dalla p.a. soccombente per errore di giudizio commesso dal Tribunale adito in prime cure, trattandosi di pena pecuniaria meramente sostitutiva di quella detentiva.

L’appellato Z. si costituiva in giudizio, difendendo l’impugnata pronuncia e la correttezza dell’interpretazione della pertinente normativa fornita in prima istanza e spiegando appello incidentale per i motivi di ricorso assorbiti in primo grado e riproposti, oltre che per la non condivisa compensazione delle spese processuali sancita dal T.a.r. di Cagliari.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

Diritto

MOTIVI della DECISIONE

L’appello principale va respinto, risultando poi inammissibile quello incidentale.

Il provvedimento impugnato richiama in motivazione, a giustificazione della revoca, il combinato disposto degli artt. 43, comma 1, lett. a), e 11, comma 3, r.d. 18 giugno 1931 n. 773 (t.u.l.p.s.), ritenendo ostativa al mantenimento della titolarità della licenza di porto d’armi la sentenza patteggiata n. 28/2001 del 20 febbraio 2001 del g.i.p. di Oristano, equiparata dall’art. 445, c.p.p., ad una pronuncia di condanna, emessa in ordine al reato di cui agli artt. 624 e 625 n. 2, c.p..

Appare opportuno richiamare il quadro normativo di riferimento.

Recita testualmente l’art. 43, cit. (per quanto qui interessa):

“Oltre a quanto è stabilito dall’art. 11 non può essere conceduta la licenza di portare armi:

a) a chi ha riportato condanna alla reclusione per delitti non colposi contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione” .

Il richiamato art. 11, a sua volta, prevede al terzo comma che: “Le autorizzazioni devono essere revocate quando nella persona autorizzata vengono a mancare, in tutto o in parte, le condizioni alle quali sono subordinate, e possono essere revocate quando sopraggiungono o vengono a risultare circostanze che avrebbero imposto o consentito il diniego della autorizzazione”.

Correttamente i primi giudici, dal combinato disposto delle due disposizioni, hanno tratto la disposizione applicabile al caso di specie, del seguente tenore: le autorizzazioni devono essere revocate quando la persona autorizzata ha riportato condanna alla reclusione per …furto….

Orbene, con la menzionata sentenza n. 28/2001 il GIP di Oristano “…visti gli artt. 62 bis c.p., 444 c.p.p., sull’accordo delle parti applica al sig. Z. S. …la pena di £ 1.200.000 di multa, così sostituita la corrispondente pena detentiva di giorni 15 di reclusione e £ 75.000 di multa…”.

Per la qualificazione, ai fini in esame, della natura della pena applicata dal giudice penale (multa in sostituzione della reclusione), occorre riferirsi all’art. 57 della legge 24 novembre 1981 n. 689, che al 2° comma stabilisce che la pena pecuniaria si considera sempre come tale, anche se sostitutiva della pena detentiva.

In relazione a tale dettato normativo, quindi, la p.a. avrebbe dovuto considerare la condanna riportata da S. Z. esclusivamente come condanna a pena pecuniaria, con conseguente non attraibilità della fattispecie nell’ambito applicativo del ricordato combinato disposto (in cui la particella disgiuntiva “ovvero” deve considerarsi come indicativa di una mera alternatività) degli articoli 43 e 11, t.u.l.p.s., esigente la condanna alla pena della reclusione (come correttamente hanno ritenuto i primi giudici).

Né può condividersi quanto sostenuto dalla p.a. (vedi relazione dell’Ufficio territoriale del Governo di Oristano n. 731/02/2° del 10 aprile 2002), circa il particolare disvalore che l’ordinamento, all’art. 43, cit., avrebbe riconosciuto ad alcune specifiche figure di reato (furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione), prescindendo dal tipo di pena conseguente alla condanna.

L’argomentazione non convince perché in contrasto col primo alinea della stessa disposizione, che richiede espressamente, ai fini della revoca della licenza in esame, la condanna alla pena della reclusione per delitti ben più gravi e riprovevoli del furto.

Deve, dunque, ritenersi che il legislatore, con l’esplicito riferimento alla natura della pena comminata, abbia inteso favorire, per tutte le tipologie di reato contemplate, una valutazione il più possibile aderente alla concreta pericolosità della fattispecie esaminata dal giudice penale, nella prospettiva di una maggiore adeguatezza della sanzione al caso concreto.

E che in ciò debba ravvisarsi la ratio della norma è confermato proprio da fattispecie come quella in esame, dove la vicenda che ha visto coinvolto l’attuale appellato, pur penalmente qualificabile come furto, non sembra certo rivestire, anche con riguardo alle sue modalità esecutive, quel particolare disvalore giuridico invocato dalla p.a..

Tanto basta a far respingere l’appello, con correlativa inammissibilità del gravame incidentale proposto dall’appellato Z. in rapporto alle censure dichiarate assorbite in prima istanza, mentre la compensazione delle spese ivi disposta si evidenzia come una scelta discrezionale dei primi giudici, convincentemente motivata con le obiettive difficoltà interpretative della disciplina di riferimento e, quindi, sottratta al controllo in questa sede.

L’appello principale va, dunque, respinto, mentre quello incidentale risulta improcedibile e le spese del secondo grado di giudizio possono integralmente compensarsi per giusti motivi tra le parti in causa, tenuto anche conto del loro reciproco impegno difensivo e del tipo di vertenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta):

-respinge l’appello principale;

-dichiara improcedibile l’appello incidentale;

-compensa spese ed onorari del secondo grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, Palazzo Spada, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 27 maggio 2008, con l’intervento dei signori magistrati:

Claudio VARRONE Presidente

Carmine VOLPE Consigliere

Luciano BARRA CARACCIOLO Consigliere

Aldo SCOLA Consigliere relatore estensore

Roberto CHIEPPA Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 23 LUG. 2008.

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Avv. Daniele Bertaggia

Avv. Daniele Bertaggia

Avvocato dal 1993, Cassazionista dal 2009. Collaboro con imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale e nella creazione di società estere. Mi occupo anche di penale internazionale ed italiano. Coadiuvo uno Studio con numerosi collaboratori professionisti, sia avvocati che commercialisti. Se hai una questione giuridica da risolvere, contattami, troverò le risposte legali adeguate.

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