ESECUZIONE CONDANNA PENALE IN ITALIA
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Esecuzione condanna penale in Italia. Come scontare in Italia una condanna definitiva irrogata da un’Autorità giudiziaria estera.
Articolo a cura dell‘Avvocato Bertaggia di Ferrara.
ESECUZIONE CONDANNA PENALE IN ITALIA: Legge 22/04/2005, n. 69, art. 18 bis
Riporteremo pedissequamente l’articolo che norma minuziosamente la questione di cui ci stiamo occupando: ” 1. Quando il mandato di arresto europeo è stato emesso al fine dell’esercizio di azioni giudiziarie in materia penale, la corte di appello può rifiutare la consegna nei seguenti casi:
a) se il mandato di arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio, ovvero reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente l’azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio;
b) se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato d’arresto europeo, nei confronti della persona ricercata è in corso un procedimento penale.
2. Quando il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, la corte di appello può rifiutare la consegna della persona ricercata che sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell’Unione europea legittimamente ed effettivamente residente o dimorante nel territorio italiano da almeno cinque anni, sempre che disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno.”
La norma è molto chiara (stranamente) e regolamenta ciò che può succedere nel caso di arresto finalizzato all’estradizione, di un cittadino italiano, per scontare la condanna in uno stato estero. Vi è la possibilità di rifiutarsi di essere estradati all’estero per scontare la condanna, optando affinchè la stessa sia eseguita in Italia, con tutte le garanzie, però, dello stato di escecuzione della pena, l’Italia in questo caso.
Ricordiamo che l’organo competente a deliberare in tale materia è la Corte d’Appello, la quale, in tema di mandato di arresto europeo, quando rifiuta la consegna ai sensi dell’art. 18-bis, lett. c), della legge 22 aprile 2005, n. 69, disponendo l’esecuzione nello Stato della pena inflitta al cittadino italiano o di altro paese dell’Unione legittimamente residente o dimorante in Italia, è tenuta al formale riconoscimento della sentenza su cui si fonda il mandato di arresto europeo secondo quanto previsto dal D.Lgs. 7 settembre 2010, n. 161, contenente disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI del 27 aprile 2008, sul principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive, ai fini della loro esecuzione nell’Unione Europea. Ricordiamo che la sentenza penale di condanna emessa da uno stato comunitario è valida in Italia a prescindere dal riconoscimento.
Una volta riconosciuta dall’autorità giudiziaria italiana, la sentenza penale straniera è equiparata a quella italiana. Si applicano dunque tutte le disposizioni che regolano l’esecuzione della pena. In base alla normativa europea, vige il principio del ‘mutuo riconoscimento’ delle decisioni adottate da un Giudice di un paese membro dell’Unione Europea. Pertanto, la decisione adottata da un Giudice in uno dei paesi membri dell’Unione Europea, è valida nel territorio italiano ma deve essere sottoposta alla procedura di riconoscimento prima di essere eseguita
ESECUZIONE CONDANNA PENALE IN ITALIA: LA PROCEDURA DI RICONOSCIMENTO
Per quanto riguarda il riconoscimento di sentenze straniere in Italia, l’articolo 64 della Legge 31 maggio 1995 n. 218 stabilisce che la sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento quando: a) il giudice che l’ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell’ordinamento italiano; b) l’atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa; c) le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge; d) essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata; e) essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato.
ESECUZIONE CONDANNA PENALE IN ITALIA: TITOLO STRANIERO ED APPLICAZIONE INTERNA
Non pare, infatti, controvertibile che nel momento in cui un giudice italiano è chiamato a dare esecuzione ad una sentenza straniera, procederà secondo le regole dell’ordinamento interno in aderenza al generale principio della Lex loci.
Né a tale impostazione può opporsi il limite testuale dell’art. 12 c.p.. Se è vero che il riconoscimento della sentenza straniera può avvenire solo nei casi predeterminati della legge, è incontestabile che la sentenza, una volta riconosciuta ed indipendentemente dal motivo del riconoscimento, viene assoggettata al regime giuridico del diritto interno.
In altre parole i motivi del riconoscimento della sentenza non limitano l’applicazione delle regole esecutive a cui la stessa è sottoposta.
L’affermazione trova fondamento nell’art. 738 comma 1 c.p.p. nel punto in cui dispone che “nei casi di riconoscimento ai fini dell’esecuzione della sentenza straniera, le pene (…) conseguenti al riconoscimento sono eseguite secondo la legge italiana”.
Come è stato correttamente rilevato, tale norma lascia inequivocabilmente intendere che “le disposizioni applicabili sono quelle del Libro X, Titoli II e III del c.p.p., nonché le norme relative all’ordinamento penitenziario” 9. In tale direzione del resto sembra muoversi quel pronunciato secondo cui “In caso di continuazione in Italia dell’esecuzione di sentenza straniera riconosciuta, il divieto, ai sensi dell’art. 10 della convenzione di Strasburgo 21 marzo 1983 (resa esecutiva in Italia con l. 25 luglio 1988, n. 334), di aggravare il trattamento sanzionatorio stabilito dalla sentenza straniera, non implica che debba anche trovare applicazione la più favorevole disciplina prevista in materia di misure premiali dall’ordinamento straniero; e ciò avuto anche riguardo al disposto dell’art. 738 c.p.p. secondo cui, in caso di riconoscimento di sentenza straniera ai fini dell’esecuzione, la relativa pena è eseguita “secondo la legge italiana“”.
Pertanto le modalità e le regole di esecuzione di una sentenza straniera riconosciuta è affare che riguarda il solo ordinamento interno.
I rilievi prospettati sembrano trovare linee di tendenza confermative in convenzioni internazionali alle quali, come noto, ai sensi dell’art. 696 c.p.p. è attribuito il ruolo di fonte sovraordinata.
Si pensi alla Convenzione sul trasferimento della persona condannata 11 laddove all’art. 10 prevede la possibilità per lo stato di esecuzione “se la sua legge lo esige“, di adottare la sanzione della pena o misura prevista dalla propria legge interna per lo stesso tipo di reato per mezzo di una decisione giudiziaria od amministrativa. La regola di applicazione del diritto interno è resa ancora più esplicita dall’art. 3 l. 3 luglio 1989, n. 257 nel punto in cui si stabilisce che con la sentenza di riconoscimento la Corte di Appello determina, “sulla base della pena stabilita nella sentenza straniera, la pena prevista dalla legge italiana (…)“.
In termini ancora più espressi si pone la Convenzione tra gli Stati membri della Comunità europea sull’esecuzione delle condanne penali straniere la quale all’art. 11 dispone che “in seguito alla trasmissione, l’esecuzione della condanna è disciplinata dalla legislazione dello Stato di esecuzione e tale Stato è il solo competente per prendere le decisioni concernenti le modalità di esecuzione e per stabilire tutte le misure che ne conseguono“.
Il tutto si pone in una linea omogenea con i contenuti del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa 14 in cui si è riconosciuto, negli artt. I-3 par. 2, e I-41, l’obiettivo strategico di offrire ai cittadini dell’Unione Europea uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne” 15 Si è al cospetto di una “comunitarizzazione” nell’ambito della quale, l’art. I-41 par. 1, introduce il principio del reciproco riconoscimento, delle decisioni giudiziarie. Emerge, quindi, una tendenza legislativa transnazionale incline al riconoscimento della sentenza straniera anche per motivi diversi da quelli individuati dall’art. 12 c.p.
Ma, a prescindere da tale considerazione, indipendentemente dai profili comunitari, quel che risulta chiaro è l’applicabilità della legge interna in fase esecutiva. Infatti l’inequivoco tenore dell’art. 738 c.p.p. potrebbe cedere il passo solo a fronte di una norma convenzionale che lo deroghi o si ponga con esso in rapporto di incompatibilità; non versandosi in alcuna delle situazioni prospettate, deve riconoscersi al giudice dell’esecuzione il potere di operare composizioni sulla pena erogata dal giudice straniero.
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Articolo aggiornato al 24 Aprile 2023